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Orientamento in terapia

L’orientamento teorico a cui faccio riferimento nella pratica professionale è principalmente quello cognitivista e in particolare il cognitivismo costruttivista post-razionalista.

Ma cosa significa cognitivismo? Cosa costruttivista? Cosa post-razionalista?
Innanzitutto la prospettiva cognitivista ha suggerito come l’essere umano non risponda semplicemente e passivamente all’ambiente (come proposto precedentemente dal comportamentismo), ma la sua risposta sia mediata dal pensiero.
Questo giustifica abbastanza chiaramente come mai lo stesso evento possa provocare effetti differenti su persone diverse portando di conseguenza a reazioni eterogenee, proprio in ragione di una diversa interpretazione dell’evento stesso.
Ognuno di noi percepisce, elabora e inserisce in memoria gli eventi di cui fa esperienza in modo peculiare e unico; in altri termini ha differenti modalità di funzionamento e di elaborazione delle informazioni.
Le differenze nei modi di utilizzare la mente si strutturano nell’interazione con gli altri affettivamente significativi, tipicamente i genitori, nel corso del nostro sviluppo.
Questi, attraverso i loro feedback e le loro domande, guidano il nostro comportamento e le nostre narrazioni dando più rilevanza a un certo tipo di informazione rispetto a un altro. Nello specifico possono condurci ad assegnare maggiore rilevanza alle informazioni cosiddette “affettive” o “cognitive”, oppure a utilizzarle entrambe in modo sufficientemente equilibrato e integrato.

Per quanto concerne l’idea di “costruttivismo” comincerò riportando una poesia di Wislawa Szymborska, una poetessa che amo e che a mio avviso in questi versi riesce a veicolare in modo molto diretto il senso di fondo di questo termine.

Vista con granello di sabbia (di Wislawa Szymborska)

Lo chiamiamo granello di sabbia.
Ma lui non chiama se stesso né granello né sabbia.
Fa a meno di un nome
generale o individuale,
permanente, temporaneo
scorretto o corretto.

Del nostro sguardo e tocco non gli importa.
Non si sente guardato e toccato.
E che sia caduto sul davanzale
è solo un’avventura nostra, non sua.
Per lui è come cadere su una cosa qualunque,
senza la certezza di essere già caduto
o di cadere ancora.

Dalla finestra c’è una bella vista sul lago,
ma quella vista, lei, non si vede.
Senza colore e senza forma,
senza voce, senza odore e senza dolore
è il suo stare in questo mondo.

Senza fondo è lo stare del fondo del lago
e senza sponde quello delle sponde.
Né bagnato né asciutto quello della sua acqua.
Né al singolare né al plurale quello delle onde,
che mormorano sorde al proprio mormorio
intorno a pietre non piccole, non grandi.

E tutto ciò sotto un cielo per natura senza cielo,
ove il sole tramonta senza tramontare affatto
e si nasconde senza nascondersi dietro una nuvola ignara.
Il vento la scompiglia senza altri motivi
che quello di soffiare.

Passa un secondo.
Un altro secondo.
Un terzo secondo.
Tre secondi, però, solo nostri.

Il tempo passò come un messo con una notizia urgente.
Ma è soltanto un paragone nostro.
Inventato il personaggio, fittizia la fretta,
e la notizia non umana.

La poesia della Szymborska trasmette innanzitutto l’idea che non esiste una realtà oggettiva, percepibile in quanto tale, ma ogni essere vivente e di conseguenza ogni essere umano la legge attraverso la lente del suo peculiare sistema percettivo e delle sue singolari categorie di significato.
La realtà è quindi conoscibile solo parzialmente e soggettivamente in quanto l’osservatore è coinvolto personalmente nella realtà che osserva e non si trova in una posizione totalmente esterna, neutra e imparziale.
Non esiste quindi un ordine prestabilito che sia possibile cogliere, ma siamo noi che mettiamo ordine alla realtà e la leggiamo attraverso le categorie che possediamo.

Così, la visione del mondo del granello di sabbia nei versi della Szymborska sarebbe molto diversa dalla nostra, così come un altro essere vivente con un suo sistema percettivo-sensoriale e una sua esperienza potrebbe percepire gli stessi accadimenti in modi per noi inimmaginabili.
Queste differenze nel percepire e costruire la realtà si ritrovano non soltanto in specie differenti, ma anche all’interno della stessa specie umana.

In particolare la nostra percezione e conoscenza della realtà viene plasmata e influenzata da 3 tipi di vincoli:

  • Biologici specie-specifici, che ci rendono tutti uguali come esseri umani. Significa che ogni uomo è per certi elementi come tutti gli altri uomini, con la capacità di percepire per esempio certe frequenze di suono o certe lunghezze d’onda luminose, che magari altre specie animali potrebbero non percepire.
  • Culturali, per cui ogni uomo è sotto certi aspetti come alcuni altri uomini. Noi nasciamo infatti già immersi in una cultura e cresciamo in una cultura che ci influenza nella nostra percezione e categorizzazione del mondo. L’esempio tipico è quello degli eschimesi, i quali sono capaci di discriminare tanti tipi diversi di neve, cosa per noi impensabile in quanto nella nostra esperienza la neve è un fenomeno raro, di cui abbiamo una conoscenza relativamente semplice e grossolana.
  • Individuali, che sono quelli che definiscono l’unicità del singolo individuo. Ogni individuo è in una certa misura come nessun altro, in quanto ha una sua storia personale, un itinerario di sviluppo che è diverso da quello delle altre persone.
    Il suo sistema percettivo, così come i suoi sistemi di memoria vengono plasmati all’interno dei legami primari di attaccamento (tipicamente con i genitori) ed è proprio all’interno di questi che si creano i significati personali più potenti, quelli che guidano in modo importante la nostra percezione della realtà, che ci portano a prestare attenzione a determinati elementi piuttosto che ad altri e a interpretare certi elementi in un senso piuttosto in un altro.
    Così per esempio se una persona ha subito perdite da piccolo tenderà a ritrovare ed esperire un senso di perdita in molte altre situazioni. Analogamente chi ha vissuto costrizione all’interno dei legami primari di attaccamento tenderà ad esperirla facilmente anche successivamente nel corso della sua vita, nelle situazioni di cui fa esperienza.

Rispetto alla conoscenza individuale si può sottolineare come l’approccio cognitivo costruttivista post-razionalista suggerisca una funzione auto-organizzativa, autopoietica, autoreferenziale della conoscenza umana. Questo significa che gli esseri umani subordinano la percezione e l’ordinamento della realtà al mantenimento stabile e coerente della propria identità. Ciò che diciamo, ciò che facciamo, la conoscenza che costruiamo, come interpretiamo la realtà ci serve per tenere in piedi la nostra identità, cioè per mantenere integro, stabile e coeso il senso che abbiamo di noi stessi. Quindi tutti quegli elementi percettivi incoerenti con l’immagine di noi in corso possono essere scotomizzati e non percepiti.

Abbiamo parlato di cognitivismo e costruttivismo ed è arrivato quindi il momento di definire meglio cosa significhi “post-razionalismo”. Tuttavia, per comprenderlo più chiaramente, è necessario ripercorrere i passaggi che hanno portato dal comportamentismo, al cognitivismo “razionalista”, all’approccio cognitivo-comportamentale e quindi al post-razionalismo.