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Intervista / Domande e Risposte

Come lavora e che approccio utilizza nel relazionarsi alla persona?

L'approccio che seguo nella relazione, sulla base del mio orientamento teorico, è di tipo paritetico-cooperativo. Questo significa che la persona e lo psicologo collaborano in seduta. Il professionista non impone una sua verità e le sue soluzioni, in quanto si considera lo psicologo come esperto del metodo, ma rimane sempre il “paziente” l'esperto di se stesso, delle sue esperienze e dei suoi vissuti.

Chi viene nel mio studio non si troverà tipicamente di fronte a un terapeuta che rimane in silenzio per la quasi totalità della seduta. Personalmente, pur dando ampio spazio all'ascolto, cerco di accompagnare la persona con le opportune domande a integrare nuovi aspetti nell'elaborazione della propria esperienza.

Nell’approccio che seguo non si lavora solo sul contenuto, ma anche sul processo di costruzione della conoscenza di sé e del mondo, e si aiuta la persona a recuperare elementi accantonati (emotivi o cognitivi) del proprio funzionamento. Questo lavoro ci consente di acquisire nuove informazioni utili non solo per affrontare il quotidiano, ma anche per il superamento di situazioni "oggettivamente" complesse.


Perché "Il Luogo Sicuro"?

Così per il bambino come per l’adulto è importante avere una base sicura, in genere di tipo relazionale, da cui partire e alla quale fare riferimento per esplorare la realtà, il proprio ambiente.
I più fortunati di noi l’hanno avuta, cioè hanno avuto dei genitori amorevoli, sufficientemente sensibili e responsivi rispetto ai loro bisogni affettivi e non solo, e sono quindi cresciuti sviluppando fiducia nel mondo e nelle proprie capacità di affrontarlo.
Per altri non è stato così e allora “Il luogo sicuro”, diventa proprio una base sicura, un punto di riferimento dal quale partire per esplorare il mondo in modo via via più autonomo e indipendente e dove tornare a ricaricarsi e a chiarirsi e riordinarsi alcuni aspetti della propria esperienza.

Il luogo sicuro non è però un luogo di relax e i miei pazienti lo sanno! Sanno che vengono in un luogo dove possono essere se stessi e non essere giudicati per le loro scelte e la loro storia, ma sono consapevoli che gli sarà richiesto un certo impegno.

Quindi il percorso terapeutico può essere visto più come un allenamento in palestra, che come un centro benessere. Inizialmente e sul momento facciamo fatica, mentre corriamo, facciamo i pesi, lo stretching ecc. ecc. Poi dopo che abbiamo finito stiamo meglio, si liberano le endorfine, la serotonina, gli ormoni del benessere. Nel lungo termine i benefici sono ancora maggiori...si respira meglio, ci si muove meglio, si ha più resistenza, si riposa anche meglio. All’interno di questa palestra si lavora quindi per acquisire delle capacità, degli strumenti, ma come per ogni attività è solo con l’allenamento e nel lungo termine che si sentono i veri benefici!

In questo senso nel mio studio non si troveranno i “5 passi per la felicità”, venduti da molti “guru”. Sicuramente è accattivante l’idea di essere felici e tranquilli in 5 semplici mosse. Peccato che il più delle volte questo non accada e i consigli dei nostri cari guru non li riusciamo a integrare nel nostro stile di vita perché non tengono conto del nostro personale assetto elaborativo e del nostro particolare modo di percepire noi stessi, gli altri, la realtà.

Un percorso di psicoterapia è, a mio avviso, più che “5 passi”, un trekking alla scoperta di se stessi e del proprio funzionamento, con attività e compiti in linea con le competenze acquisite dalla persona fino a quel momento e con la sua struttura di personalità.


Cosa la contraddistingue come professionista?

  • Chi mi conosce dice di me che sono una psicologa 24 ore su 24. Non ho infatti semplicemente svolto un percorso formativo, ma ho progressivamente applicato non solo nella professione, ma anche nel quotidiano, i modelli teorici acquisiti, mettendoli in discussione e riuscendo così a utilizzarli come bussola che mi permettesse di orientare il lavoro clinico, senza rimanere vincolata o vincolare il paziente in schemi rigidi. Nessuno è "da manuale", e questo emerge chiaramente solo nel confronto tra teoria e prassi.
  • Ho svolto io stessa un percorso individuale di psicoterapia, aspetto a mio avviso fondamentale per chi sceglie di svolgere la professione di psicologo. Questo mi ha consentito e mi consente di essere consapevole di quanto proviene da me, dalla mia storia personale e di quanto invece proviene dall'altro durante la seduta.
  • Unisco ai precedenti aspetti un profondo senso etico e deontologico e, con questo, un sincero rispetto e curiosità nei confronti della persona.

Cosa le piace del suo lavoro?

Una delle cose che apprezzo di più nel mio lavoro è vedere di fronte a me, alla fine di un percorso, una nuova persona che da un lato è sempre lei, ma allo stesso tempo è cambiata e più luminosa. Come se si trovasse in una casa in cui pian piano si aprono porte e finestre, che alla fine sono le differenti prospettive e modi di costruire la realtà. Durante il percorso psicologico, per regalarvi un’altra metafora, la persona impara a conoscere a fondo la propria casa, le stanze di cui è composta, e pian piano ogni angolo, i passaggi segreti. Impara ad aprire porte e a guardare oltre. E allora quello che si vede non è più solo mura e buio, ma nuovi paesaggi e possibilità.


Quali domande le pongono solitamente i clienti e come risponde?

Le domande sono le più diverse, da problemi d'ansia, panico, rabbia o abbassamenti di umore (sintomi depressivi più in generale), sintomi insorti in seguito a eventi traumatici, difficoltà nelle relazioni familiari o con il partner, somatizzazioni, o anche il semplice desiderio di intraprendere un percorso di crescita personale.
La risposta a queste richieste è chiaramente molto diversa da caso a caso ed è possibile costruirla insieme soltanto all'interno di un percorso. La soluzione richiede prima di tutto una valutazione preliminare (assessment) che si effettua all'interno delle prime sedute, le quali servono al clinico per comprendere il problema, raccogliere alcuni dati anamnestici e attuali e formulare insieme alla persona degli obiettivi condivisi.


Ha qualche informazione particolare che vuole condividere sul suo lavoro?

Quando ci si rivolge a uno psicologo a volte l'aspettativa è quella di stare subito meglio, oppure dal momento che si sta chiedendo un aiuto ci si aspetta che sarà qualcun altro a "risolvere" totalmente il problema, magari anche in modo rapido e "indolore".
Penso sia importante che le persone che si rivolgono a noi sappiano che non è così. Un percorso psicologico può essere anche, in certi casi, difficile e faticoso. A volte si concludono delle sedute e si va via stando meglio, più rilassati e sereni, mentre altre volte si esce dallo studio più affaticati. Avendo per prima, per scelta personale e professionale, effettuato un percorso di questo tipo, so che certi incontri possono smuovere vissuti dolorosi. In questi casi può capitare di uscire stanchi, arrabbiati, o magari anche un po' tristi. Questo non significa che il percorso ci faccia male. Possiamo pensarla, come dicevo prima, come una palestra. Quando ci si allena con un certo impegno è spesso difficoltoso, stancante, a volte anche frustrante perché alcuni risultati per vedersi richiedono tempo. Tuttavia sappiamo che nel lungo termine si starà meglio in quanto acquisiremo in “forza” e “flessibilità” magari...e allora quello sforzo sarà stato ripagato!


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